Racconta

  • Pizzone, un borgo custode della montagna

    01/10/2016

    Pizzone è uno dei 136 comuni del Molise, fa parte della provincia di Isernia ed è uno dei centri più piccoli e meno popolosi dell’intera regione. Il suo territorio, prevalentemente montuoso, si snoda nell’entroterra, nella zona più occidentale del Molise che confina con l’Abruzzo e il Lazio. Il paese sorge ai piedi del monte Mattone, a circa 730 metri di altitudine. Attualmente conta poco più di trecento abitanti e la sua economia è essenzialmente di tipo rurale.
     
    Il borgo di Pizzone rientra nel vasto programma di incastellamento promosso nell’XI secolo dagli abati dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno. Il castrum Piczotum è menzionato per la prima volta in un documento della metà del millequattrocento: molto probabilmente prima di questa data non esisteva un vero e proprio centro abitato ma una serie di villaggi a carattere sparso “Iannini, Cerqua Cupa, Viscurri – Biscurri e Ravasecca”, la cui memoria si conserva sia attraverso la toponomastica sia attraverso la presenza di ruderi ancora oggi visibili sul territorio.
     
    Il borgo di Pizzone presenta uno sviluppo tutto verticale: le case poggiano direttamente sulla roccia e si ergono verso il cielo quasi a voler sfiorare le nuvole. Il perimetro originario, molto più ridotto rispetto all’attuale abitato, è testimoniato dai resti di una cinta muraria, in parte ancora individuabili in piazza Santa Liberata.
     
    Delle Tre Porte – porta Lecina verso ovest, porta dei Santi a S. Liberata e porta Borea verso S. Rocco” – che nel medioevo garantivano l’ingresso al borgo, resta solo porta Dei Santi.
     
    Fuori dal perimetro “urbano” sorge la chiesa di Santa Liberata, costruita nel 1637 ma consacrata soltanto nel 1852. Nel centro del paese si trova la chiesa madre dedicata a San Nicola. La parte più alta del paese, invece, è sovrastata dalla chiesa dell’Assunta, mentre a valle, in contrada Campo, si colloca la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo.
     
    Un tempo Pizzone era un importante centro produttivo e artigianale: alla fine dell’Ottocento la popolazione ammontava a circa duemila persone e nel borgo si poteva sentire il rumore degli scalpelli o della sega, il battere incessante dell’incudine, il profumo della tomaia; percorrendo i vicoli stretti e affollati da bimbi festanti, si poteva rimanere incantati dall’arte dell’ebanista o rapiti dai profumi delle erbe spontanee accuratamente raccolte e trasformate in ungenti medicamentosi dagli ebraisti attivi nel paese. A partire dalla fine dell’Ottocento, però, il paese inizia ad essere interessato dal fenomeno dell’emigrazione.
     
    Oggi Pizzone ha più pizzonesi a Chicago che al paese: tuttavia, nonostante le difficoltà tipiche dei paesi montani, il borgo guarda alla sua montagna con ammirazione e con rispetto ed ecco che la catena delle Mainarde e il complesso dei monti della Meta non sono più una barriera bensì uno scrigno di preziosità da proteggere e custodire, da conoscere e far conoscere.

     

    Liliana Reabcov e Valentina Di Meo